lunedì 13 febbraio 2012

ETERNIT, GIUSTIZIA E' FATTA

Sedici anni di reclusione: questa la condanna, pronunciata pochi minuti fa dal Tribunale di Torino, per i due imputati di quello che è diventato per tutti il “processo Eternit”, per disastro ambientale doloso ed omissione volontaria delle cautele antinfortunistiche nei luoghi di lavoro.
Non è mia abitudine commentare le sentenze, ma questo processo è, insieme a quello Thyssenkrupp, un punto di svolta per la giurisprudenza e, soprattutto, un severo monito per chi fa impresa in modo irresponsabile.
I numeri del processo Eternit sono agghiaccianti. Le parti civili erano 6392, quasi tremila i morti e i malati per la fibra killer, almeno 2300 le vittime negli stabilimenti italiani, a partire dal 1952, di Casale Monferrato (Alessandria), Cavagnolo (Torino), Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli). Millecinquecento sono i morti a Casale, lo stabilimento più grande in Italia, chiuso nell'86.
(Segnalo anche che secondo quanto riportato "a caldo" dai giornali online, il dispositivo fa una distinzione tra gli stabilimenti italiani, dichiarandoli colpevoli per quanto riguarda Casale Monferrato e Cavagnolo, mentre il reato sarebbe estinto per prescrizione per gli stabilimenti di Rubiera, in Emilia Romagna, e Bagnoli, in Campania).

L’elenco delle parti civili è davvero impressionante: una lunga serie di nomi e cognomi, persone che hanno perso la vita perché lavoravano in condizioni, evidentemente, non idonee.
Come ha ricordato il senatore Casson, già magistrato, la settimana scorsa il Senato ha approvato all'unanimità una risoluzione del Pd volta a far partire concretamente il Fondo vittime amianto, a imporre censimento e bonifica dei siti inquinati, ad eliminare le pastoie burocratiche degli enti previdenziali e assistenziali che tendono a negare quanto dovuto alle vere vittime dell'amianto.
Mi auguro che al più presto questo venga realizzato, perché non è accettabile che si metta a repentaglio la vita delle persone, lucrando sulla salute di cittadini e lavoratori.
Non entro nel merito della pena, ma la condanna sta suscitando reazioni unanimi, che superano muri e steccati della politica e geografici: “giustizia è fatta”, dicono tutti, a partire dai familiari delle vittime, i più commossi.
Per me è quello che conta è che sia stato ribadito che la salute viene prima del guadagno facile, e che non si gioca sulla pelle delle persone.
Il cammino compiuto dalla nostra Regione in questi anni per la sicurezza sul lavoro va in questa direzione. E’ la dimostrazione più concreta di ciò che intendiamo dire quando parliamo di sviluppo sostenibile e di responsabilità d’impresa. Diritti, salute, equità. Non sono cose astratte.

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