Una “festa” carica di significati
e che comporta una profonda riflessione. Si festeggia ormai da un secolo, ed è
cambiato tanto in questi 100 anni per la condizione femminile.
Tanti passi in avanti sono stati
fatti, è indiscutibile. Restano però emergenze non risolte, a partire dalla
violenza, spesso famigliare, di cui la donna è vittima, non di rado tra le mura
domestiche, a volte alla presenza dei figli. I numeri sono drammatici, e
l’impegno istituzionale è fondamentale, insieme a quello del mondo della scuola
e dell’educazione, ed ovviamente delle forze dell’ordine, per dare sicurezza
alle donne, ed impedire che disagi e tensioni in famiglia sfocino in episodi
violenti. L’altra grande emergenza è quella occupazionale: precarietà ed incertezza
colpiscono con ancora più forza donne e giovani. Per questo, voglio dedicare il
mio pensiero dell’8 marzo alle due dipendenti della Regione Umbria, che due
giorni fa, il 6 marzo, sono state uccise dalla follia e dalla violenza di un
uomo che non aveva in realtà né pratiche né richieste in sospeso, ma covava evidentemente
un risentimento malato ed aveva preso troppo sul serio la caccia al dipendente
pubblico che troppi, in questi mesi, stanno alimentando. Anche quest’anno c’è
molto da riflettere.
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